venerdì 17 settembre 2010

Roberto Guana e un cerchio che si chiude

In fondo, c’è sempre una prima volta. E lui, Roby Guana, sapeva che prima o poi sarebbe arrivata, fortemente voluta: con la ragione del calciatore, per misurarsi contro quella squadra che l’ha cresciuto fino alla serie A, con la ragione del cuore, quella del tifoso, del bresciano purosangue, quella che, «la maglia blu con la V bianca» in fondo ce l’ha annodata attorno al cuore, a dispetto dei giudizi sempre troppo frettolosi, di quello che è stato fatto e non detto, di ciò che, in molti, non hanno compreso.


Roberto Guana, 29 anni, ragazzo di Capriano del Colle cresciuto con le stigmate del trequartista moderno e affermatosi giocando venti metri più indietro, il Brescia non l’ha più incontrato: da quel giorno di marzo in cui con Lele Adani diede vita ad uno dei gesti più clamorosi che la storia biancoazzurra ricordi. Via da Brescia, via dal Brescia: fermo sei mesi, poi Ascoli, neopromosso in serie A, mentre a trecento chilometri, il Brescia, ripartiva da Maran e da una serie B «meritata» per un solo punto di differenza. Poi, dopo l’esaltante esperienza marchigiana, ecco la Sicilia, terra che regala calore anche a chi viene dal freddo e dalla nebbia. E Guana è pronto ad accoglierne a tonnellate: conquista Palermo e i palermitani, gioca sempre, non segna mai, passano gli allenatori centrifugati da Zamparini ma lui resta sempre al suo posto. Fino al prestito bolognese: Guana «ritrova» un pezzo di Brescia, Emiliano Viviano che era il terzo portiere biancoazzurro quando Guana era il titolare del centrocampo. Un’altra stagione da protagonista, un gol, solamente, ma sufficiente ad entrare nel cuore dei bolognesi. Nel frattempo quel Brescia con la maglia azzurra e la V bianca, costruito da un allenatore che da giocatore gli somigliava tanto, torna in serie A. L’estate passa, Guana approda al Chievo: una famiglia, una società che difficilmente sbaglia programmazione e obiettivo. Il cerchio si chiuderà nella sfida al Bentegodi: nei suoi occhi, quella maglia azzurra con la V bianca che ha indossato per dieci anni, dal settore giovanile fino alla serie A. «El tigre», come l’aveva ribattezzato Roberto Baggio, di fronte alla Leonessa. In fondo, doveva accadere.

2 commenti:

  1. Dani......un abbraccio. Roby

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  2. Roberto orgoglio bresciano...uno che si è fatto da solo, in barba a romani e ruffiani

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