sabato 24 luglio 2010

Il Pirlo da Cakao


Non poteva che cominciare da qui l'avventura, che poi lo è solo per il fegato, di raccontare una terra attraverso il suo aperitivo.
La prima tappa è Cakao, piazza Arnaldo, accanto alla piadineria, lato opposto rispetto al severo sguardo dell'Arnaldo stesso: dietro il banco Fabio, Vito, Maui, Andrea, Diego e Paola. A dire il vero Diego è in cambusa a fare le tartine e le salsine cercando di tenere bene in equilibrio il rapporto tra la salsa rosa e i gamberetti. Il Cakao è il mio posto preferito: perchè i ragazzi sono degli amici, perchè quando capita di avere un'ora libera e la voglia del Pirlo avanza, ecco che al Cakao puoi andare anche se sei da solo. L'atteggiamento dello staff (si va beh non montatevi la testa) è di quelli da amicone, barzellette, battute, la serata o quel che è passa via in un attimo.
Variazione sul tema: al Cakao c'è anche il Pirlo Camparo, quello con l'angostura. Un tocco di vivacità in più, da provare, così come le mitiche tartine di Diego, il MAESTRO della tartina.

VOTO 9-: perchè nella vita si può sempre migliorare....anche quando il livello di partenza è altissimo.

Sopra piazza Arnaldo...la fine del mondo


Ieri sera ero a bere un pirletto col Campari (va beh due) con il mio amico Arma. Ad un certo punot, mentre fuori pioveva, ci siamo accorti di essere gli unici ad essere ancora dentro il Cakao, il mitico bar di Raudo Fabietto. Incuriositi e insospettiti (una volta Fabio mi ha chiamato alle 11 del mattino per dirmi che una grossa palla arancio gli era passata sopra la testa e stava viaggiando verso la Bassa) anche noi siamo usciti: spinta da un vento fortissimo, una grande nuvola nera stava coprendo la piazza. Frutto, ovviamente, delle particolari condizioni meteo di ieri sera: vista dal basso, però, pareva che arrivasse la fine del mondo. Invece no perchè sono qui a scrivere.

venerdì 23 luglio 2010

Il cazzeggio secondo MoMo visto da Me


Questa ricevo, leggo e provo a divulgare il manifesto del cazzeggio secondo MoMo. Effettivamente nel suo scritto, in cui parla di ritmi serrati e di necessità di rallentare la frequenza dei giri del motore lavorativo, credo ci si possa riconoscere buona parte della generazione nata tra gli anni '70 e '80. Purtroppo, la generazione dei bamboccioni, è quella dei precari, di quelli che qualche volta, sempre più spesso, devono mettere insieme tre o quattro lavoretti per farne uno intero (almeno per l'estratto conto bancario).
Tutto questo, attenzione, cercando di far quadrare tutto senza fermarsi mai: e soprattutto facendo i conti con una generazione, che CI precede almeno cronologicamente, cresciuta con la costante del posto fisso e per cui, anche un semplice pirlo con il campari, risulta uno spreco di tempo e denaro. Senza considerare, neppure minimamente, che probabilmente quei 30' senza lavorare e con lo sguardo perso nel vuoto (o nelle tartine) funge da pannello solare per le batterie sempre più scariche di energie e cariche di dubbi.

giovedì 22 luglio 2010

La fiducia, virtù da pochi per pochissimi

La fiducia è un motore: è una linfa che ti nutre, che ti consente anche di fare, a volte, un passo in più, di esporti un centimetro in più di quello che logica, opportunismo e razionalità consiglierebbero. La fiducia è un sentimento, è la testimonianza del valore reale che si attribuisce a una persona.
La fiducia ha vari livelli e contesti: c’è chi si fida superficialmente, c’è chi la fiducia la ritiene indispensabile componente in ambiti professionali, in quelle circostanze in cui tra due scrivanie deve crearsi una bolla impenetrabile. Stavolta ho visto la bolla non allungarsi fino alla mia scrivania: ho visto, anzi, sentito, qualcuno decidere unilateralmente chi fosse o non fosse meritevole della sua fiducia.
E allora uno si pone delle domande, si chiede se è davvero quello che vuole: e la risposta è che alla fine siamo tutti dei numeri e che la verità è in tasca a chi, per merito, convinzione divina o casualità, ritiene di avere qualche numero in più. Gli altri sono dei numerini da far ballare a destra e sinistra a seconda della loro funzionalità. La squadra, quella che nel calcio si chiude nello spogliatoio ed è lontana parente di quella che esce sul campo, è profondamente diversa. Che amarezza.

Da Costanza a Palmanova: la breve vita di una escort


Diana Alexiu è una delle tante: escort non per vocazione, probabilmente per necessità. Sono pienamente daccordo con il criminlolo Carlo Alberto Romano quando dice che una scelta del genere, seppur ragionata, ponderata, non dettata da una sorta di schiavitù (propria delle prostitute da strada) non può essere moralmente libera al 100%. E' altrettanto vero però che per fare una vita del genere, serva un gran pelo sullo stomaco: serve un gran coraggio a lasciare Costanza a 16 anni per andare a fare la ballerina a Bucarest, ne serve di più a 18 per venire in Italia, a Modena, e iniziare a fare la escort. Ne serve tantissimo anche per non cambiare rotta dopo un'aggressine seguita da un ricovero in ospedale. Da Modena a Milano, poi Bergamo, infine Desenzano.
Diana Alexiu selezionava accuratamente (evidentemente non abbastanza) i clienti con cui concordava prestazioni extra lusso a prezzi da capogiro: secondo gli inquirenti Diana, in arte "Alexia" poteva prendere anche più di 2 mila euro per notte. Un week end poteva anche portarle in tasca quasi 10 mila euro. Denaro che inviava alla famiglia, che investiva in promozione di sè stessa (5 mila euro al mese tra riviste e siti web) e in cura del proprio corpo. Le piacevano le belle macchine, come la X5 targata Romania che non è mai passata inosservata nell'angusta via Piatti, quartiere Capolaterra di Desenzano.

Diana Alexiu ha affrontato il suo ultimo viaggio verso Palmanova:lì il suo cliente è diventato il suo assassino. E' morta a colpi di balestra. Una vita come tante per ragazze che vengono dall'est Europa: una vita fatta di grande coraggio, perchè, a 23 anni, per vivere sempre al limite sul crinale tra ciò che è sicuro e ciò che non lo è affatto, serve comunque del gran coraggio.

martedì 20 luglio 2010

Voglio un water che sorrida

Premessa, sono fidanzatissimo. Ma poco fa a distanza ho dovuto dare ragione ad Arma.
Sono andato al Golden Beach, Desenzano: dovevo incontrarmi con una persona...niente di che...poi ad un certo punto mi viene presentata una che, ho saputo, era in ritardo di 25 minuti...ma questo è niente anche se di solito è sinonimo di cattiva educazione. I sospetti infatti si sono rivelati fondati: la tizia, 24 anni, figlia di mamma e papà in trasferta a Roma mantenuta da stagista (praticamente il tramite tra una presunta testa pensante e la fotocopiatrice) era un cesso clamoroso, di quelli che non fanno nemmeno alla Saniplast del Gino. Quindi? Me la presentano, io stringo la mano e la cretina (o lidiota, senza apostrofo) porge la mano e si gira di lato. Non so se pensasse che di profilo il cesso potesse piacere di più, certamente ha alimentato in me la convinzione che almeno il water da bagno non si muove ed è sempre disponibile. Lui si sa comportare, fa il cesso senza voler diventate un forno microonde...quindi..mi auguro che nessuno mi abbia visto parlare con sto cesso e apro le porte, se nella nostra vita ne sono previsti una quota parte, ai cessi che almeno sorridono. Quanto al cesso che si mette di lato...ricordi che lo stronzo passa sempre. E sarà lei a dover tirare l'acqua. Io scelgo sempre l'educazione e il sorriso.

lunedì 19 luglio 2010

Pirlo, la vera storia dell'aperitivo/1


A Brescia è un must. Di più: un marchio di fabbrica che non capisco nemmeno perchè non sia stato registrato. Il Pirlo, con l'Aperol (peggio) o col Campari (meglio) è l'aperitivo per eccellenza che fa da testimone silenzioso a tutto quanto accade a Brescia e dintorni.
Ma come nasce il Pirlo? Il Pirlo, inteso come nome, deriva senza dubbio dal movimento circolare che il Campari fa dopo essere entrato nel bicchiere di vino bianco. Nel dialetto Bresciano (la B maiuscola non è casuale) il termine pirlo indica una caduta a terra senza conseguenze. Il Campari, infatti, cade nel vino, va sul fondo e poi torna verso l'alto.
Quando arriva il Pirlo a Brescia? La storia, in questo caso, viene in soccorso. Per vedere il Campari e l'Aperol in Italia si è dovuto attendere la fine della seconda guerra mondiale. Pertanto la nascita del Pirlo può essere "incastonata" tra il 1946 e il 1950.
E la ricetta? Per un buon pirlo bisogna infreddire (proprio così) il bicchiere con il ghiaccio, mettercene dentro un cubetto, poi versare il 40 percento di vino bianco secco, poi il 30 percento di selz e per chiudere l'altro 30 percento di Campari o Aperol. Qualcuno li mischia: condire a piacere con una scorzetta di limone.
Seguiranno altre puntate per spiegarvi dove bere il miglior Pirlo....

domenica 18 luglio 2010

Ligabue, il nuovo singolo


Ogni singolo, un hit. Ogni hit, milioni di fans. Milioni di fans, un concerto indimenticabile che diventa un giro infinito per tutta Italia. Sul canale di Ligabue da qualche giorno è comparso il video, anche se non ufficiale, dell'ultimo singolo "Quando canterai la tua canzone". Un "pezzo" come nella tradizione, con l'unica variabile è che con il Liga la tradizione diventa sempre e irrimediabilmente un successo come anche il tour italiano del cantautore di Correggio in giro per gli stadi italiani. Nella mia personalissima hit parade però rimane "Buonanotte all'Italia", con il video montato ad hoc.