venerdì 1 ottobre 2010

Quando subire una minaccia è un'abitudine

Ho sentito solo stamattina dell'agguato teso al direttore di Libero Maurizio Belpietro, bresciano di nascita, corrispondente per Bresciaoggi prima di migrare verso altri lidi. Leggendo quanto accaduto, di un uomo vestito con una camicia simile a quella in dotazione alla Gdf,  degli spari per metterlo in fuga, mi viene da pensare che forse si sta toccando davvero il fondo. O meglio, che il fondo, è sempre più profondo di quel che sembra.
Detto questo, credo che Maurizio Belpietro non sia esattamente la persona più simpatica e accomodante che cammini sul territorio italiano: ma in ogni caso è un professionista con le sue idee che porta avanti sulle testate che ha sempre diretto. Mi ha fatto specie, dopo l'agguato milanese, le dichiarazioni di Belpietro: "vivo sotto scorta da 8 anni, sono abituato alle minacce ma non pensavo potessero arrivare a questo punto. Mi sembra qualcosa di più di una minaccia".
Può, un giornalista, essere abituato alla minaccia? Forse bisognerebbe fare una riflessione sul senso della categoria, composta, secondo il sindaco di Adro Oscar Lancini, "da persone poco ragionevoli". Non vorrei che la caccia al bersaglio facile (la stampa sempre a caccia di colpi ad effetto), in un momento in cui distogliere l'attenzione dalle vicende cardine del paese è una questione prioritaria, sia diventato un piacevole diversivo.
Abituarsi alla minaccia, è una delle cose peggiori che possano capitare in un paese che si definisce civile e democratico.

2 commenti:

  1. massima solidarietà ad un uomo minacciato. ma io e lui facciamo due lavori diversi.

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  2. beh lui è un direttore...

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